I punti deboli del “Decreto Liquidità”

13 Apr 2020

A causa della pandemia, ormai tristemente nota con il nome di “Coronavirus – COVID 19”, il nostro paese, così come gran parte del resto del mondo, vive un momento di grande difficoltà non solo a livello sanitario ma anche a livello socio economico e sono quindi molte e legittime le aspettative di provvedimenti salvifici e risolutori su entrambe i fronti.

Il provvedimento più atteso, quale prima soluzione atta a scongiurare una crisi economica epocale e peraltro già latente, è stato il Decreto Legge 8 aprile 2020, n. 23 meglio conosciuto come “Decreto Liquidità”.

Questo provvedimento, più volte annunciato e giunto quindi in un clima di crescente aspettativa, è stato subito oggetto di numerose critiche, il più delle volte strumentali, o di celebrazioni spesso condizionate dall’appartenenza politica dei commentatori di turno.

Questo tourbillon di giudizi contrastanti, spesso non suffragati da un’adeguata competenza tecnica, non aiuta certo ad avere una corretta percezione della reale portata del provvedimento, ci sforzeremo quindi di offrirvi una chiave di lettura, critica ma non preconcetta, dei contenuti.

Va chiarito, in primo luogo, che il nome dato al decreto è di per sé fuorviante in quanto sarebbe stato più appropriato chiamarlo “decreto garanzie” anziché “decreto liquidità” in virtù del fatto che oggetto dell’intervento statale non è l’erogazione diretta di denaro bensì la fornitura di garanzie a supporto di prestiti che, ricorrendone i presupposti, dovranno essere erogati dal sistema bancario.

Il mondo delle imprese si attendeva di beneficiare di una erogazione di liquidità direttamente nelle casse aziendali come avvenuto in altri paesi ma questa  aspettativa, se pur legittima, non tiene conto del fatto che il nostro paese, già gravato da un debito pubblico di proporzioni enormi, non dispone della liquidità sufficiente a soddisfare i reali bisogni delle aziende e non è più dotato della “sovranità monetaria” che gli avrebbe consentito di stampare moneta a sostegno di una misura emergenziale come quella attuale..

In attesa di comprendere definitivamente in quale misura e con quali strumenti l’Europa potrà sostenere i singoli stati al nostro paese non è rimasta, quale soluzione immediatamente percorribile, che la via del prestito garantito che sinceramente, per le ragioni che andremo a spiegare, non può certo considerarsi, se non in minima parte, lo strumento più idoneo per dare pronta soluzione ad una grave situazione emergenziale.

In primo punto debole del provvedimento sta proprio nei tempi tecnici che stanno caratterizzando e caratterizzeranno l’iter di effettiva erogazione delle somme necessarie a garantire la sopravvivenza di gran parte delle aziende.

Teniamo conto che molte aziende sono arrivate ad affrontare questo difficile momento già in condizioni precarie a causa della fase di recessione che sta vivendo l’economia e pertanto il fattore tempo, da misurarsi in giorni e non in settimane o mesi, è determinante per la loro sopravvivenza.

Fatta salva la fascia di importi fino a 25 mila euro, che potrà beneficiare di una garanzia al 100% dal “Fondo di Garanzia PMI” e pertanto di un’erogazione senza preventiva analisi di merito creditizio da parte della banca, per gli importi superiori, garantiti solo parzialmente dal fondo di garanzia PMI o da SACE, si prospettano tempi non certo compatibili con le necessità impellenti delle aziende.

A dilatare i tempi, pur considerando la indubbia e già dichiarata disponibilità del sistema bancario ad operare con la massima solerzia, interverranno i passaggi tecnici necessari all’analisi del merito creditizio basato sui criteri di rating previsti dagli accordi di Basilea.

Nel caso di importi fino ad 800 mila euro  questa valutazione dovrà essere fatta necessariamente dal CONFIDI che si troverà a dover garantire il 10% non coperto dal fondo di garanzia PMI mentre per gli importi superiori ad 800 mila euro, ove la garanzia verrà offerta solo parzialmente da SACE (70 0 80 per cento a seconda della dimensione dell’azienda richiedente) dovrà essere la banca erogante ad effettuare una vera e propria analisi di merito creditizio, quindi con esito non scontato, secondo procedure e tempi certamente non compatibili con le impellenti necessità del mondo delle imprese.

Le considerazioni appena fatte in merito alla tempistica di erogazione, certamente non in linea con le necessità del momento, è senz’altro frutto di una burocrazia che, come spesso accade nel nostro paese, condiziona in modo negativo il vivere quotidiano di persone e imprese.

Purtroppo il decreto liquidità, come già detto poco efficace per l’impossibilità di far arrivare direttamente denaro nelle casse delle aziende, rischia di non dare i risultati attesi anche per le modalità con cui verrà attivato il meccanismo di aiuto troppo condizionato da eccessivi passaggi burocratici.

Forse un taglio consistente ai tempi della burocrazia sarebbe stato possibile attivando la garanzia dello stato al 100% indistintamente su tutti gli importi togliendo così al sistema bancario l’onere di un’istruttoria fidi ordinaria e nel contempo la discrezionalità di decidere chi premiare e chi escludere sulla base di soli giudizi di merito creditizio.

Questo decreto è frutto di una scelta politica conseguente ad un grave evento straordinario e così facendo, con una scelta certamente coraggiosa, la politica avrebbe dovuto evitare di delegare a terzi la decisione su chi sostenere e chi no.

Certamente si sarebbe corso il rischio di far beneficiare della garanzia anche soggetti non bisognosi favorendo magari intenti speculativi e/o illeciti ma l’estrema urgenza e lo stato impellente di necessità avrebbe dovuto prevale su questo potenziale rischio.

Nella speranza di avere contribuito a fare un po’ di chiarezza su un argomento tanto delicato quanto controverso vi diamo appuntamento ad un prossimo approfondimento relativo all’impatto che potrà avere il “codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza” sulle aziende nel post pandemia coronavirus.

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