Decreto Liquidità: a che punto siamo?
05 Mag 2020
Dopo l’annuncio di una “poderosa potenza di fuoco di 400 miliardi di euro” che avrebbe dato liquidità immediata alle aziende qualcuno ha pensato che fosse arrivata la panacea per sanare o per lo meno limitare i danni causati alle nostre imprese dalla pandemia COVID 19.
In molti ci hanno creduto ma… sono bastati pochi giorni ed i primi contatti con le banche per disilludere anche i più ottimisti.
A distanza di quasi un mese dall’enfatico annuncio in conferenza stampa sono emerse le vere criticità che ci eravamo permessi di evidenziare velatamente con il nostro precedente intervento.
Allora avevamo indicato nei tempi, nella burocrazia e nella commistione di questi due fattori tra i peggiori punti deboli del provvedimento ed i fatti, oltre a darci ragione, ci stanno offrendo parecchi spunti di riflessione.
Ad oggi le principali indicazioni che pervengono dal mondo bancario da parte dei media riguardano i prestiti fino a 25 mila euro essendo stati i primi ad essere dotati della modulistica di richiesta mentre solo da pochi giorni le banche hanno iniziato ad affrontare anche le richieste per importi superiori.
Se per gli importi superiori ai 25 mila euro è legittimo aspettarsi tempi di erogazione più lunghi per gli importi al di sotto di tale soglia, coperti da garanzia al 100% da parte del Fondo di Garanzia PMI, vi erano aspettative di erogazione pressoché immediata (24/48 ore).
Questo in virtù non solo di quanto annunciato dal governo in sede di conferenza stampa ma per l’inequivocabile contenuto dell’art. 13 lettera m) del Decreto Legge n. 23 dell’8 aprile 2020 ancor meglio specificato nel sito del Mise che recita:
omissis….
-
garanzia al 100% per i prestiti di importo non superiore al 25% dei ricavi fino a un massimo di 25.000 euro, senza alcuna valutazione del merito di credito. In questo caso le banche potranno erogare i prestiti senza attendere il via libera del Fondo di Garanzia.
Anche il direttore generale dell’ABI, Giovanni Sabatini, in audizione presso la commissione di inchiesta sul sistema bancario, oltre a proporre l’estensione della procedura facilitata senza valutazione del merito di credito per le domande di garanzie relative a finanziamenti fino a 100 mila euro, ricordava come nella circolare ABI del 14 Aprile 2020 si richiamasse “la massima attenzione e l’immediato impegno attuativo delle banche”
In realtà i media ci raccontano ogni giorno di comportamenti da parte di molte banche non certo allineati al contenuto ed allo spirito del decreto ed ancor meno alle raccomandazioni pervenute dall’ABI.
Stiamo leggendo di banche che, per i prestiti inferiori a 25 mila euro, effettuano una vera e propria valutazione del merito creditizio chiedendo una serie infinita di documenti ed è facile pensare che ciò avvenga specialmente con quei clienti verso i quali la banca nutre minor fiducia operando preventivamente una selezione che rischia di favorire le aziende più sane e penalizzare quelle maggiormente in difficoltà e bisognose di aiuto.
A sostegno di queste ultime si è espressa chiaramente anche l’onorevole Carla Ruocco, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, sostenendo che in sede di istruttoria formale le banche non dovrebbero neppure tenere conto di eventuali segnalazioni in CRIF onde evitare di penalizzare proprio quella fascia di aziende che, nonostante qualche difficoltà dimostrata negli anni passati, possono continuare ad essere vitali ed in molti casi garantire anche posti di lavoro.
Altrettanto deplorevole ed assolutamente al di fuori dello spirito del decreto è quanto riportato dai media circa il comportamento di alcune banche che subordinano l’erogazione del prestito alla chiusura di precedenti esposizioni andando così a sostituire un’esposizione coperta da semplice “garanzia di firma” con una garanzia a prima richiesta del Fondo di Garanzia per il 100% dell’esposizione.
E’ emblematico il caso riportato recentemente da un autorevole quotidiano che dà voce alla testimonianza di un’azienda presente sul mercato da oltre 70 anni che, dopo avere avanzato una richiesta di finanziamento di 300 mila euro coperto dalla garanzia prevista dal decreto liquidità, si è vista proporre dalla sua banca l’erogazione di una somma inferiore (200 mila euro) a condizione che la stessa fosse destinata a coprire un’esposizione preesistente di 137 mila euro.
A conferma del verificarsi di casi sempre più frequenti di utilizzo improprio dei prestiti garantiti dallo stato vi è il fatto che ha dovuto intervenire l’ABI con la circolare del 24 aprile 2020 che sul punto recita “…..tale finanziamento non può essere utilizzato per compensare alcun prestito preesistente, sia nella forma di scoperto di conto sia in altra forma di prestito. La compensazione determinerebbe un avvio del rimborso del capitale prima dei 24 mesi, facendo decadere la garanzia.”
C’è da augurarsi che le banche recepiscano alla lettera il monito contenuto nella succitata circolare onde evitare che un provvedimento emanato per sostenere le imprese in difficoltà a seguito della pandemia COVID 19 si trasformi in un ennesimo provvedimento salva banche.
Le considerazioni appena esposte potrebbero far pensare che l’attuale flop del decreto liquidità dipenda solo ed esclusivamente da comportamenti censurabili da parte del sistema bancario ma per completezza di analisi occorre considerare anche un altro aspetto che probabilmente non giustifica ma indubbiamente condiziona il comportamento degli istituti di credito.
Ci riferiamo alla richiesta di uno scudo penale da parte delle banche circa la eventuale responsabilità per i danni derivanti da erogazione illegittima o negligente del credito alle imprese in caso di futuro fallimento. A tal proposito anche il già citato direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini, ha sottolineato “la necessità di un intervento legislativo per la messa in sicurezza del sistema”.
A certificare il flop del decreto liquidità sono i numeri che emergono dai dati forniti dalla CGIA di Mestre secondo la quale, alla data del 30 aprile, relativamente ai prestiti fino a 25 mila euro, sono pervenute al Fondo di Garanzia PMI 45.703 domande su una platea di imprese e liberi professionisti aventi diritto a questa misura di circa 5.250.000.
In pratica, a distanza di quasi un mese dall’emanazione del decreto, poco meno dell’1% può concretamente sperare di vedersi erogata la somma richiesta mentre sono stimate in circa 250 mila le domande in corso di lavorazione presso le banche.
Quanto considerato fino ad ora ci porta a ribadire che il pessimo risultato prodotto fino ad ora dal decreto è da ricercare in una stesura frettolosa che non ha tenuto conto dei problemi di natura giuridica e procedurale derivanti dall’averne dovuto delegare il buon esito al sistema bancario al quale, di fronte alla richiesta di scudo penale, non si può certo rispondere, a distanza di un mese, con la richiesta di un “atto d’amore”.
Alla luce della drammatica situazione in cui si stanno trovando molte aziende, in particolare piccole e microimprese, ci auguriamo che il governo, d’intesa con il sistema bancario, possa trovare al più presto soluzioni concrete ed idonee a superare le storture che fino a oggi hanno impedito al decreto liquidità di produrre gli effetti per i quali era stato concepito.